Editore: EffatÃ
Pagine: 85
Anno di pubblicazione: 2019
A cura di :Â Antonio Tarzia e Giovanni Bonanno
Baluginata di chiarità lunari e macchie fosforescenti nella spazialità di un verde livido è la sequenza delle stazioni, concepita da Alberto Schiavi per raccontare il calvario del Figlio dell’uomo. Una via crucis, conturbante e catartica, memore della tenebra luminosa di Rembrandt e del Miserere di Rouault, che induce con visionarietà alla contemplazione del dolore.
Il tratto pittorico non definisce scena e azione, non fissa corpi e volti. Crea suggestioni, soprattutto mentali, intrigando l’occhio dell’osservatore a penetrare l’oscurità , quindi lo spirito a liberarsi dai condizionamenti iconografici e a scrutare dentro la liturgia delle ombre colorate il mistero di Dio e dell’uomo.
Essenziale la composizione che sa di epifania con poche figure adombrate nella verticalità , interiori e dinamiche, spesso traversate da geometrie di strade e croci trasparenti, che strutturano campiture di quinte, colline, cieli. Vibra di lucescenze violacee, blu serotini, ocra, biacca e rosso ciascuna stazione, in cui l’artista inserisce, con linguaggio informale, la sua poetica, schiva di neoclassicismi e neorealismi, tesa ad essere evocazione di un teatro che si addice alla condizione umana. Sono larve le figure prive di carne, costruite con veloci pennellate che modellano corpi acorporei, irreali e veri, pulsanti d’angoscia e sangue nella materia fluida di tempere e acquarelli. Soprattutto il Cristo appare volume di grumi e linee opalescenti, lungo il cammino, nello sfaldamento della forma, nella trasformazione di una umanità destinata al macello, in una metamorfosi agghiacciante che traduce la kenosi, necessaria al riscatto dell’uomo.