Editore: Electa
Collana: Arte varia
Pagine: 304
Immagini: 136
Anno di pubblicazione: 2010
Il merito di Giovanni Bonanno è di illustrare la bellezza che la rivelazione ha generato all’alba dell’età moderna, e il suo saggio “Pittura, Sacralità e Carne” si configura non solo come strumento critico, ma anche, e soprattutto, come contributo all’estetica, alla storia delle idee, alla stessa teologia. Gli siamo profondamente grati.
Timothy Verdon
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Ripercorre i momenti di maggiore pregnanza della pittura italiana ed europea, dal XIV al XVII secolo, collegandosi alla storia, alla civiltà letteraria e filosofica, alle vicende politiche e ideologiche della chiesa. Dominante è la centralità del corpo umano nel vissuto della fede e dell’arte. L’analisi mette a fuoco il sentimento religioso in rapporto al dolore e all’eros in artisti, intenti a svelare la dimensione antropologica e teologica di Cristo, della Vergine, dei santi.
Si articola in nove capitoli il volume che traversa le stagioni dell’umanesimo, del rinascimento e del barocco penetrando l’universo dei protagonisti, le idee e le tensioni, la poetica, l’ermeneutica e il linguaggio, il dubbio e la fede all’interno di capolavori frementi di sensi, umanità e mistero. La scrittura critica coinvolge, cronologicamente e geograficamente, Italia, Spagna, Francia, Olanda, Fiandre, Germania mettendo in rilievo le ragioni di opere colme di carnalità sacra, palpitanti di drammi e passioni.
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Seguendo l’iter diacronico, attraverso linguaggi e correnti, il volume pone l’accento su tre momenti fondamentali della civiltà: l’umanesimo del trecento e del primo quattrocento, che si impossessa della realtà; il rinascimento che, tra fine quattrocento e tutto il cinquecento, conosce la corporeità apollinea e il suo disfacimento; il barocco che, nel seicento e oltre, si inebria di carnalità dionisiaca, di cui sostanzia la vita. Lo studio ne intende approfondire il senso culturale con riferimento alla storia e alla gente, alla poesia e alla filosofia, alla teologia e alla chiesa, costatandone la pregnanza nelle opere, presenti all’interno del perimetro liturgico o nelle sale dei musei, firmate dai maestri dell’Europa latina e germanica. I quali, pur nelle complesse situazioni in cui sono costretti a vivere, si rivelano, con coscienza turbata, profeti dell’uomo e testimoni di drammi.
Il capitolo iniziale tratta della forma della bellezza e della sacralità dei corpi, secondo l’accezione scritturistica, evidenziando il superamento dell’astrazione bizantina, che ignora la natura. Gli altri capitoli percorrono, per summa capita, i secoli incentrando l’attenzione sugli agenti della storia, cioè sui protagonisti dell’arte, tralasciando minori ed epigoni, nella consapevolezza che non è la società che crea un genio, ma è questi, enigmaticamente apparso, a determinare il suo sviluppo e a influenzare le generazioni del tempo a venire. Il genio produce attorno a sé un movimento, centripeto e centrifugo, di innovazioni non esteriori, che riguardano la struttura della forma e l’interpretazione dell’esistenza. Non si tratta di mera invenzione di stile, bensì di inedita perforazione dell’io e del suo porsi al cospetto del Deus absconditus, rivelatosi Logos, incarnato nella carne di una donna per essere Figlio dell’Uomo, partecipe del destino di tutti.
Con la forza di una pittura materica, Giotto, nel XIV secolo, racconta la storia di Gesù e di Francesco; nel secolo XV Masaccio presenta alla speculazione filosofica la realtà di Cristo nella chiesa; prima Michelangelo, nel XVI secolo, poi Dürer, Tiziano, Grünewald, Tintoretto ritraggono il Servo di Jawé nel delirio della passione; nel XVII secolo Caravaggio, seguito da Rubens, Velasquez, La Tour, Rembrandt, esperimenta l’agonia della croce. È l’umanità di Dio il soggetto dell’arte sacra che insiste, radiografando le sofferenze degli umili, nel narrare la sua partecipazione alla vita.
Se l’inizio della pittura cristiana ha come baricentro Firenze e dintorni, presto la sua affermazione interessa parecchie regioni della penisola. Quindi si sviluppa in altre parte dell’Europa, come nei territori tedeschi e nelle Fiandre, con semantiche indicative di civiltà autoctone. Si ha, pertanto, una articolata geografia della creatività già a metà quattrocento. Durante il secolo successivo molte le interagenze delle nazioni che concorrono all’identità del rinascimento. Complessa si presenta la geografia del seicento, che in parte combacia con il vecchio continente e con le sue scuole d’arte nazionali, che parlano il barocco. Lingua italiana fondamentalmente. La quale da Roma si diffonde a Madrid, Parigi, Anversa, Amsterdam, Berlino, Monaco raggiungendo anche città del nord e dell’est. Lingua, immaginifica e suadente, che conquista e contamina le altre vulgate, rendendole fascinose, spesso musicali, pronte ad esprimere l’anima di popoli rimasti a lungo in silenzio.
In Italia si esprime con la visionarietà evocativa della decorazione, l’ombra avvolgente dei caravaggeschi, la sensualità dei frescanti in un tripudio di sensi che godono e vedono l’invisibile. Della Spagna traduce le emozioni del cuore, i palpiti dei mistici, la gravità dei pensieri, la dolcezza dei fanciulli. Eloquio colto è in Francia nel nome di una ragione geometrica, che si dispone a dialogare, dialetticamente, con la meditazione di Port-Royal. Seducente è la voce della carne nel trionfo cromatico delle Fiandre. Parola carica di mistero è quella che nasce nel buio dell’Olanda, illuminata dall’inquietudine della coscienza. Pur non giungendo ad autonomia mostra interesse la Germania a possedere, nella sua frammentazione, un’espressione autentica del barocco.
Indice: Una teologia della carne di Timothy Verdon; Introduzione; Forma della Bellezza; Riscoperta della realtà; Epoca di rivolgimenti; Rinascimento dell’uomo; Tensioni del Seicento; Barocco della carne; Barocco dell’Europa latina; Barocco dell’Europa germanica; Bibliografia.