Editore: Tindari
Pagine: 76
Immagini: 41
Anno di pubblicazione: 1996
Bizantina è la Madonna di Tindari, ma anche latina e mediorientale. Creazione del romanico che non conosce confini geografici e divisioni politiche, lievitato dall’umanesimo cristiano aperto agli influssi di ogni regione. Da secoli indicata, con riferimento al Cantico dei Cantici, come Nigra Sum per l’incarnato bruno del volto, è oggetto di venerazione. A lei giungono pellegrini da ogni parte.
L’immagine della Madonna di Tindari, molto diffusa, non è quella della storia. Appartiene ad una cultura, tra fine settecento ed inizio ottocento, che si compiace di agghindare con paludamenti, monili e corone soprattutto le statue riadattandole a un gusto popolare talvolta folclorico. La Nigra Sum perde i suoi connotati romanici che vengono nascosti da una struttura di tela che, dipinta di azzurro e rosso, e ricopre l’antica scultura, libera soltanto nel volto e nelle mani. In seguito l’abito “moderno” viene occultato dal piviale ricamato d’oro che copre per intero il simulacro. Lo stesso bambino è vestito con tunicella bianca decorata da fili aurei e argentei. Incoronate sono le teste della madre e del figlio con diademi baroccheggianti, mentre un giglio d’argento è posto tra le dita della Vergine.
Parecchi storici che si sono interessati al simulacro non danno precise notizie sull’origine e sulla struttura. È probabile che sia giunta dalla Palestina, portata con sé da Adelasia, madre di Ruggero II, che termina i suoi giorni nel cenobio di Patti.